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"Faccio il sensale nel ramo del caffè, e abito in Lauriergracht n. 37". Con questo prosaico quanto memorabile incipit si apre il più grande classico della letteratura nederlandese, pubblicato nel 1860 esplodendo come una duplice bomba: come capolavoro letterario e come atto di accusa sociale. "Il libro che ha ucciso il colonialismo", sarà definito, e resta un'opera di sconvolgente modernità sia per la raffinata struttura narrativa, sia per la forza della denuncia dei misfatti di cui è costellata la storia dell'imperialismo occidentale. Chi parla è Batavus Droogstoppel, l'irresistibile affarista che incarna, col suo assoluto perbenismo, il reale cinismo e l'ipocrisia di un'Olanda troppo intenta a fare soldi per chiedersi da dove venga il suo benessere. Colpito dall'interesse di un fascio di manoscritti che si è trovato suo malgrado tra le mani, il buon sensale intende trarne un utile trattatello sulle aste del caffè nelle Indie Olandesi, ma è tutt'altro materiale che ne vedrà estrapolato, affidando la stesura al giovane Stern, romantico figlio di un ambito cliente tedesco, di ben diversa sensibilità. È la ricostruzione della vita di Max Havelaar, coraggioso e idealista funzionario a Giava, che si illude di riuscire a combattere i soprusi dei potenti locali e la connivenza dell'amministrazione coloniale e di rendere giustizia ai contadini vessati da entrambi.